
E’ partita la campagna mediatica dello sciacallaggio migratorio, degli sbarchi c.d illegali e della reiterata retorica del “ognuno si prenda i suoi”. Con il nuovo governo torna in auge la questione migratoria, non poteva che essere così vista che la compagine esecutiva attuale ha portato sempre avanti, in campagna elettorale, la questione della immigrazione clandestina. Forse sono solo delle pezze a colori i blocchi dei migranti a largo delle coste italiane, salvare donne e bambini e lasciare il resto dei profughi al proprio destino in mare, invitando gli altri stati membri a raccogliere i migranti in parte equa. L’idea sembra buona, anche se ci dimentichiamo che le regole si fanno in Europa e vani sono i tentativi mediatici, estemporanei di respingimenti delle flotte migratorie. Qualcuno si dimentica degli accordi di Dublino. Il trattato di Dublino è stato firmato nel 1990 per disciplinare la materia relativa al sistema di accoglienza e delle richieste di asilo all’interno dell’Unione Europea. Uno dei principi cardini dell’accordo che lo costituisce è quello secondo cui è lo Stato di primo approdo del migrante che deve far fronte al sistema di accoglienza, compresa la domanda medesima di asilo.
Il testo normativo fa riferimento soprattutto al fatto che sia fatto impedimento ai richiedenti asilo di fare richiesta in più Stati membri. Si evita così il trasporto da uno Stato membro all’altro. Questo trattato ha sempre penalizzato il nostro paese, visto che geograficamente siamo più esposti ai flussi migratori e il primo approdo ricade sempre sul groppone dello stivale. L’accordo di Dublino si basa sul principio del divieto del “asylum shopping”. Il regolamento col tempo ha subito varie modifiche con Dublino II e Dublino III, ma sostanzialmente cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Lo Stato di primo approdo del migrante è quello che si occuperà dell’accoglienza e della relativa richiesta d’asilo. Vogliamo risolvere la questione migratoria? Semplice, andiamo in Europa a dettare le nostre condizioni e le nostre regole, senza fare “migrantaggio mediatico”.
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