
Da qualche settimana si è insediato il governo Draghi. Un esecutivo che ha inglobato miracolosamente maggioranza e opposizione, solo Fratelli d’Italia sembra, e dico sembra, non appoggiare momentaneamente questo inedito esecutivo. Doveva essere il governo dei migliori, sono stati invitati alla tavola rotonda tecnici, ingressi in corte tanti ripescaggi del passato. Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Stavolta, al comando delle operazioni risiedono le forze di destra, rappresentate dalla Lega e da Forza Italia. Un governo prettamente di stampo neoliberista. Il letto è stato fatto per il drago di Francoforte, ora tutti siedono alla “destra del Padre”. I concetti di destra e sinistra sono superati. Già in tempi non sospetti il grande Gaber gridava “ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”.
Davanti alle telecamere fanno finta di litigare, ma un fondo di unicità che li lega c’è, ed è il neoliberismo. Il neoliberismo è una dottrina che tende a limitare o mitigare l’influenza dello Stato sull’economia, lasciando libero arbitrio alle logiche di mercato, guidato dalle regole della concorrenza. Anche la nostra Enciclopedia Treccani definisce questa dottrina e la definisce come un “indirizzo di pensiero economico che, in nome delle riconfermate premesse dell’economia classica, denuncia le sostanziali violazioni della concorrenza perpetrate da concentrazioni monopolistiche all’ombra del laissez faire e chiede pertanto misure atte a ripristinare la effettiva libertà di mercato e a garantire con ciò il rispetto anche delle libertà politiche”.
Moltissimi Stati negli ultimi anni hanno dato vita a politiche di espansione interna per far aumentare la competizione interna, attraverso le “deregulation”, facendo da apripista a capitali stranieri. Deregulation che ha visto prendere vigoria sproporzionata negli anni 70 e soprattutto 80, quando i principali paesi europei erano governati da esponenti di stampo neoliberista come Regan negli USA, Tatcher in Inghilterra, Khol in Germania e Mitterand in Francia. In Italia una prima riforma di stampo neoliberista la possiamo trovare insita nella famosa riforma sul divorzio. Neoliberismo deve essere inteso come limitazione o soppressione dello stato sociale, della figura del lavoratore e dei suoi diritti.
L’Europa occidentale guarda con interesse a questa dottrina e con ammirazione gli Stati Uniti, patria della destra neoliberista. Abbiamo visto cosa sta succedendo negli USA, abbiamo una disparità di trattamento tra classi sociali, la tutela sanitaria è per pochi eletti, la povertà sta aumentando in modo galoppante: il paese è sull’orlo di una guerra civile o guerra dei poveri, per meglio così definirla. Una economia liberista rischia di opprimere il lavoratore, in termini di dignità, ma soprattutto di tutele sindacali. Un famoso politologo, George Monbiot, in una intervista sostenne proprio questa tesi che “il mercato dovrebbe essere libero dagli interventi distorsivi dei sindacati, che impediscono il realizzarsi di un sistema naturale di vincenti e perdenti. Quel che significa, in realtà, è che i datori di lavoro sono liberi di imporre lo sfruttamento dei loro lavoratori: i salari sono guidati al ribasso, e le condizioni di lavoro si deteriorano”. Non ci resta che osservare “il governo del drago”. Sediamoci alla “destra” del Padre, anzi no, del lavoratore…..
https://www.paleolitika.it/wp-admin/post.php?post=2006&action=edit